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La
rete Lilliput, così come in altre province, presenta e sostiene
a Ferrara la “Campagna Banche Armate”.
Per partecipare anche voi alla campagna potete scaricare il volantino-lettera
in formato pdf.
Il sito della campagna: http://www.banchearmate.it/
Per capire di cosa si tratta, bisogna partire dagli anni Ottanta,
quando i padri comboniani della rivista "Nigrizia", i
missionari saveriani di Missione Oggi e il gruppo Pax Christi, fondato
da don Tonino Bello, dopo aver visto i danni prodotti dalle armi
nel mondo decidono di lanciare una campagna congiunta. Il primo
frutto arriva nel 1990: la legge 185 ( che oggi rischia di essere
sostanzialmente snaturata da un disegno di legge all’esame
del Parlamento) che sottopone ad autorizzazione ogni operazione
di esportazione di armi e finanziamento bancario. Grazie a questa
legge, il governo è tenuto a presentare una relazione che
elenca le operazioni di compravendita di armi e le banche che le
finanziano. Da qui la possibilità per chiunque di conoscere
le banche che finanziano il commercio delle armi. Le armi sono strumenti
di morte e il loro commercio continua ad alimentare guerre e violazioni
dei diritti umani in tutto il mondo; i credenti, i cittadini responsabili,
come risparmiatori possono influenzare le scelte di investimento
delle banche presso le quali hanno depositato i loro soldi.
Contando su questo elenco annuale, le stesse organizzazioni, in
prossimità del Giubileo hanno promosso la Campagna “Banche
Armate”, come occasione di ripensamento dei criteri di gestione
dei propri risparmi. Dal “manifesto della campagna”
si riportano alcuni passaggi: “E’ auspicabile fare chiarezza
e cambiare strada anche sui risparmi. Questo è possibile
se le diocesi, le parrocchie, le comunità religiose, i singoli
credenti e tutte le persone di buona volontà chiederanno
esplicitamente alle banche presso cui hanno i propri depositi se
sono o meno coinvolte nel commercio delle armi. Crediamo sia moralmente
doveroso chiederci come e dove investono questi istituti bancari.
Se è vero che il sistema economico si basa sul consenso dei
singoli, è importante riscoprire le responsabilità
che ognuno ha nell’appoggiare più o meno esplicitamente
tale sistema. Non possiamo accettare il criterio che avendo dei
soldi li dobbiamo far fruttare al meglio senza interrogarci sul
modo.
Sarebbe un forte gesto di richiamo alle coscienze, se le varie realtà
sociali ed ecclesiali si muovessero in questa direzione, interrogandosi
al loro interno e indirizzando alle banche una lettera pubblica.
Sarebbe un gesto profetico per testimoniare che ci sta a cuore prima
di tutto l’uomo.”
La proposta è, dunque, quella di scrivere alla direzione
della “propria” banca (utilizzando la cartolina allegata)
assicurandosi che la stessa non finanzi il commercio delle armi,
si impegni a non farlo anche in futuro e a rendere pubblica la risposta.
L'obiettivo non è criminalizzare le banche, ma, se coinvolte
nel finanziamento del commercio delle armi, premere perché
cambino rotta, ipotizzando anche l’eventualità di chiudere
il proprio conto.
Una forte pressione, accompagnata da un movimento di opinione pubblica
e "sostenuta" dall'eventuale estinzione del conto, non
passerebbe inosservata. Certo le risposte saranno probabilmente
evasive, ma è necessario non demordere. Ognuno è chiamato
ad impegnarsi in prima persona; tante piccole gocce possono scavare
la roccia.
Hanno aderito a questa iniziativa alcune parrocchie in Piemonte,
ad Ancona, a Venezia e altrove. Mentre chiediamo a tutti di scrivere,
la speranza è di un maggiore coinvolgimento delle amministrazioni
locali, delle parrocchie, delle istituzioni pubbliche e private
che hanno sicuramente un peso rilevante anche sul piano economico.
Recentemente sono state presentate, in alcuni Consigli comunali,
mozioni sul tema specifico delle "banche armate": segnaliamo,
tra le altre, quella al Comune di Pavia e di Firenze. Nella maggioranza
dei casi, sono state sottoscritte da rappresentanti di gruppi di
varia appartenenza politica e rappresentano un’occasione privilegiata
non solo di sensibilizzazione, ma anche di coinvolgimento delle
istituzioni locali nella campagna e più in generale sui temi
della finanza etica.
In questo contesto, va rilevata un preoccupante cambiamento dei
destinatari del mercato di armi italiane: mentre nel periodo in
cui venne approvata la legge 185/’90 i paesi della Nato assorbivano
circa l’80% delle nostre esportazioni, nel 2000 i paesi del
Sud del mondo hanno raggiunto il 70% dell’esportazione autorizzata
di armamenti e tra questi, in Asia, soprattutto India e Pakistan.
Un ulteriore dato, questo, che impone a tutti coloro che intendono
operare per la costruzione di un mondo più giusto, di considerare
con attenzione le implicazioni di carattere etico degli investimenti
dei propri risparmi e, di conseguenza, il problema delle "banche
armate".
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